martedì 2 settembre 2008

Stupefacenti effetti 3D con il solo gesso

Ritorniamo, dopo le vacanze estive, con un post leggero: una carellata di disegni ottenuti esclusivamente con semplici gessetti colorati che, visti dalla giusta angolazione, forniscono degli effetti tridimensionali pazzeschi. L'originalità, la genialità, l'ingegnosità che carattarizzano ognuno di essi ci ha molto colpiti e ci ha proiettato in sottobosco di artisti, spesso semisconosciuti, che abbelliscono con il loro talento le strade di metropoli multietniche e multicolore. Perché certe forme di arte trovano troppo angusti gli spazi di una galleria. Meglio Street Chalk Drawings.
Colpisce la profonda conoscenza degli effetti ottici, il sapiente uso delle proporzioni per creare un effetto prospettiva strabiliante. E così una donnina dalla gamba esageratamente lunga, dal giusto punto di osservazione diventa una bellezza al bagno, immersa in una piscina ricavata nel marciapiede, impegnata in un esercizio proprio del nuoto sincronizzato:
(per ingrandire, cliccare sulle foto)

Una Terra stampata su un ovale deforme diventa un globo tondo tondo, come se lo avesse disegnato Giotto e basta trovarsi alla giusta distanza per essere fotografato in esplorazione al Polo Nord.
Vi lasciamo alle altre foto che non necessitano di ulteriori commenti.


domenica 10 agosto 2008

Blog in ferie



Chiuso per ferie.
Ci rivediamo a settembre!


La foto è tratta da elbalink e mostra la spiaggia di Capobianco, nell'isola d'Elba.

domenica 6 luglio 2008

L'ingiustizia della Giustizia lumaca

Oggi più che mai assistiamo a roventi polemiche sul tema della Giustizia. Ancora una volta maggioranza e opposizione si accapigliano su vuoti discorsi sul dialogo o, se va bene, su problematiche che, per quanto importanti, non rappresentano certo, a nostro parere, priorità imprescindibili per il tanto sbandierato “bene del Paese”. Vedasi la privacy e il tanto discusso taglio delle intercettazioni o l’immunità delle alte cariche dello Stato.
Da tempo immemore si manifesta l’urgenza di dare un assetto più snello e produttivo a un comparto che pare essere in “deficit perenne”; parlano chiaro, sul punto, le statistiche diffuse dal Ministero di Grazia e Giustizia e le relazioni dei vari Procuratori Generali che, in occasione dell’inaugurazione del Nuovo Anno Giudiziario, hanno evidenziato il problema secondo un cliché ormai ritrito e inveterato. Praticamente un copia e incolla delle pregresse prolusioni: necessità di adeguare l’apparato per velocizzare i processi e di “rimpolpamenti” di organici insufficienti (o dovremmo dire carenti ed affetti da un assenteismo e carenze formative piuttosto preoccupanti?). Motivazioni che rischiano, comunque, di diventare un alibi per giustificare qualsiasi inefficienza.
E’ innegabile che la lotta contro la criminalità, comune ed organizzata, sia un’attività di primaria importanza; di certo si può fare di più e meglio, in primo luogo facendo in modo che al termine del processo si materializzi il dispositivo della sentenza attraverso la certezza della pena.
Non si riesce a capire a cosa serva spendere energie, risorse umane e soldi dei contribuenti per arrivare a l’irrogazione di una giusta e sacrosanta sanzione se poi, come tutti hanno avuto modo di constatare, assassini, ladri, truffatori e così via, vengono di fatto “reintegrati” nel loro ruolo originario a stretto giro di posta.
Nel frattempo il comune e piccolo, nonché a volte “fastidioso”, cittadino onesto che chiede Giustizia, una Giustizia normale in grado di dare risposte doverose e tempestive, patisce chiuso in un angolo, quasi ignorato, le pene che lo affliggono.
Discorso particolarmente vero se il caso sottoposto alla valutazione della Giustizia non è una diatriba condominiale, che è comunque importante e degna di considerazione al pari di qualsiasi altra lite legale, bensì un fatto che ricade in ambiti che si devono definire vitali.
Si pensi, ad esempio, a una causa di lavoro dove un dipendente, ingiustamente licenziato, nonostante la “procedura d’urgenza” (il virgolettato è d’obbligo) prevista dal cosiddetto "art. 700”, apprende con sgomento che il suo travagliato caso verrà discusso, in prima udienza, a quasi un anno dalla presentazione del suo ricorso: il Giudice dovrà prendere atto delle carte processuali e delle ragioni delle parti, disporre un rinvio che potrà rasentare anche gli 8 mesi di tempo per , infine, emettere la sentenza che, a essere ottimisti, arriverà dopo diversi mesi e chissà quando diventerà esecutiva. Per una famiglia monoreddito e priva di altre risorse economiche è una vera e propria rovina! Lo stesso, anzi peggio, può dirsi per altri tipi di problemi di eguale pesantezza che non godono di alcuna via preferenziale.
La Giustizia per essere tale non solo deve essere certa ma deve anche essere tempestiva altrimenti finisce con generare essa stessa ingiustizia. Che si potenzi, magari più con la qualità che con la quantità, l’organico del competente Ministero! Basta, una volta per tutte, con le scuse; basta con le mani alzate al cielo per enunciare l’ormai stantio ritornello «la Giustizia è lenta ma state sicuri…. arriverà….!». A meno che si introduca per legge che il necessario per vivere possa essere pagato con la “sicurezza di poter saldare il conto quando la giustizia sarà arrivata” , moneta attualmente sconosciuta e per nulla accettata nei supermercati ed in altri esercizi commerciali che vendono beni di primaria necessità. Forse sarebbe il caso che maggioranza ed opposizione aprano un tavolo di seria discussione per far guarire la nostra italica “malaticcia” Giustizia. Che vi partecipi anche il CSM, che oltre a dare pareri sulle leggi dello Stato (buone o cattive che siano e la nostra opinione in merito è chiara), farebbe bene a farsi una severa autocritica sui modi e, soprattutto, sui tempi con il quale è stata amministrata, ad oggi, la Giustizia nel nostro bel Paese dei balordi.

mercoledì 18 giugno 2008

La privacy eletta a regina dei diritti

C'è qualcosa che non quadra. La squadra di Berlusconi insediatasi al Governo aveva fatto della legalità e della lotta alla immigrazione, in particolar modo clandestina, causa di un innegabile aumento degli episodi criminali; in particolare, di quelli balordi, quelli da strada che in genere sono rivolte a vittime sconosciute, come gli omicidi a scopo di rapina e violenze sessuali. Questa intenzione è stata in linea di massima difesa dai sottoscritti (vedi immigrazione, sicurezza e cicalicci e (in)certezza della pena, clandestinità e CPT) . Il senso di incertezza dei cittadini non deve essere sottovalutato né tanto meno è opportuno, come taluni hanno fatto, colpevolizzare la popolazione per una preoccupazione a cui le notizie di cronaca danno quotidianamente fondamento o, peggio ancora, far passare le sue istanze per deliri da rimbambimento mediatico. Non è un caso che chi lo ha fatto ne abbia pagato le conseguenze in termini di consensi elettorali.
Il centro-destra, meglio del centro-sinistra, ha saputo interpretare le ansie dei cittadini i quali sono – ed è comprensibile – sicuramente più allarmati da certi tipi di reati che da altri. Infatti, il senso di violazione, di umiliazione conseguenti ad una visita, nella propria abitazione, di una banda di rapinatori o, peggio ancora, ad una violenza carnale non sono lontanamente paragonabili con il senso di rabbia e condanna che si può provare nei confronti del politico corrotto, le cui malefatte si ripercuotono comunque negativamente su tutta la collettività. Ma tranquillizzare la popolazione, come avevamo auspicato, e rispondere alle sue aspettative è giusto e sacrosanto ma non esula da altre responsabilità. I concetti di moralità e giustizia non sono suscettibili ad interpretazione.
Infatti, che un cittadino preferisca, tanto per fare un esempio, cento volte vedere fuori dalle patrie galere un Calisto Tanzi piuttosto che lo stupratore della propria sorella, non può e non deve costituire un alibi per depenalizzare certi reati contro la collettività e per agevolare chi si macchia di tali delitti.
Lascia pertanto molto perplessi il DDL che vuole impedire l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche come strumento investigativo per reati che prevedano pene inferiori a 10 anni (fatti salvo quelli contro la pubblica amministrazione) e introdurre il divieto di divulgazione con pene molto aspre per i trasgressori.
Non si può avere il pugno duro con i balordi e con l’altra mano sottrarre alla Giustizia gli strumenti necessari a scoprire, prevenire e punire tanti altri crimini. Non è coerente, la lotta per la legalità va fatta a 360 gradi altrimenti ha ragione qualcuno a pensare che tutto questo tran tran intorno alla criminalità importata e alla la Casta lavora per garantirsi l’impunità. E per mettere a tacere qualsiasi voce che faccia da opposizione, in mancanza di un’opposizione parlamentare, perché il favore con cui è accolto questo DDL è, Di Pietro a parte, unanime. Bipartisan è l’intoccabilità (caso Unipol docet). Ecco come la Casta risponde al V-day di Beppe Grillo, alle denunce di Travaglio, ai libri di Rizzo e Stella e a un esercito di professionisti dell’informazione e di cittadini qualunque che, ognuno con i propri mezzi (dal non-voto al blog giornalistico, passando per innumerevoli blog personali), grida il suo “non ci sto!”.
E’ questa la democrazia? No, non offendiamo questo Concetto che è Nobile, nonostante le sue inevitabili pecche. La democrazia è in quei Paesi dove un rappresentante del popolo da le dimissioni anche solo per esser sospettato di aver fatto qualcosa, anche solo per una dichiarazione infelice che abbia offeso la sensibilità dell’opinione pubblica.
Qui ci stiamo avviando verso la dittatura di una Casta senza pudore e senza ritegno, incoraggiata dal disinteresse di tanti, sostenuta dai tifosi che proiettano, poco realisticamente, i loro Ideali e i loro Valori su politici che riconoscono come valori solo quelli mobiliari e immobiliari, autoreferenziata da un sistema che attrae e produce corrotti che si sostengono mutuamente.
La privacy è assorta a regina di diritti, più importante del diritto a non esser truffati, a non esser molestati, a non esser ammazzati in una macelleria affine alla Santa Rita. La privacy è un diritto importante, non lo neghiamo, anzi, quanto alla divulgazione del contenuto delle intercettazioni è bene evidenziare che i“professionisti dell’informazione”, a volte, debordano ampiamente dai margini del tracciato segnato dal loro codice deontologico, pur di “fare cassetta” e guadagnare in popolarità, oltre che in quattrini! Spesso danno per certo ciò che, in realtà, è una vaga ipotesi, acquisita grazie alla “disattenzione” di coloro che a qualsiasi titolo sono deputati al trattamento degli atti processuali nell’ambito di un dato procedimento (fra tali atti, nel caso d’indagini che prevedono intercettazioni ambientali o telefoniche, sono ricompresi i cosiddetti ”brogliacci”* ).
Che dire, poi, dei verbali che “sfuggono” dai faldoni che dovrebbero essere accuratamente conservati nelle stanze dei PM o in superinaccessibili archivi, cartacei o elettronici che siano?
Pertanto non condividiamo in toto il concetto secondo cui in nome del “diritto all’informazione” sarebbe lecito pubblicare di tutto e di più, anche nel corso delle indagini preliminari, ma, al contrario, dovrebbero esser posti dei paletti che non consentano che vengano pubblicati, prematuramente, nomi e fatti, a volte anche personali ed estranei all’inchiesta, di persone che poi saranno assolte, magari con formula piena, per non aver commesso il fatto. Questi paletti ci sono già: al solito basta applicare la Legge, in maniera che non si faccia sconti a nessuno quando, sfruttando le “larghe maglie del sistema giustizia” si da il via a campagne di stampa, ufficiali e non, che portano a processi mediatici che nulla hanno a che fare con la Democrazia e le Giustizia. Tali processi possono persino influenzare i Magistrati nella formazione del loro libero convincimento che sarà poi la base dell’emissione della sentenza e delle relative motivazioni. Ma di qui a vietare l'uso e la diffusione delle intercettazioni ne passa di acqua sotto i ponti! Siamo seri: visto che ci sono le leggi che tutelerebbero il diritto ad una “democratica riservatezza” dei cittadini, seppur indagati, l’indiscriminato divieto di pubblicare le intercettazioni telefoniche appare come il mero tentativo di oscurare l’informazione e impedire che certe magagne arrivino alle orecchie e agli occhi dell’opinione pubblica.


(*) note relative ad una prima trascrizione delle conversazioni intercettate, direttamente stilati dalla Polizia Giudiziaria delegata a tale genere d’investigazione.

Immagine tratta da www.vocedimegaride.it

lunedì 9 giugno 2008

La magia dalle mani

Vogliamo mostrare alcune strabilianti immagini che apprezzerete per la genialità che da esse trapelano e che non potranno non conquistare gli amanti del body-paint, o forse, dovremmo chiamare questa forma d'arte hands-paint, visto che si tratta di mani dipinte a mano. Immagini spettacolari non tanto per la bravura, comunque notevole, dimostrata nell'arte del disegno, per la realisticità, per i dettagli, quanto per l'Idea originale e carina che sta alla base. E quando c'è l'Idea bastano pochi mezzi - in questo caso dei colori e una buona fotografia - per dare vita a quella che non esitiamo a definire vere e proprie opere di arte e ingegno.



















Queste foto circolano liberamente sulla rete internet dove siamo risaliti all'autore di almeno una buona parte di esse: si tratta di Guido Daniele, artista multimediale e body painter.
Se le immagini vi sono piaciute trovate altre "manimali" QUI.

domenica 1 giugno 2008

(In)certezza della pena, clandestinità e CPT

Ritorniamo dopo una lunga assenza dovuta a impegni personali che non ci ha permesso di dare luogo a quello scambio di opinioni che è alla base dei nostri post scritti a quattro mani, tutti frutto di una preliminare discussione sul tema e della necessaria successiva sintesi.
Un articolo apparso in questi giorni ci ha fornito l'input per una ripresa alla quale speriamo segua un'attività senza più lunghe interruzioni che preveda un aggiornamento almeno settimanale.
Ed è così che siamo qui ad aprire una discussione sulle dichiarazioni del Capo della Polizia Antonio Manganelli davanti alle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato.
Egli ha denunciato diversi aspetti del nostro sistema giuridico-giudiziario che di fatto vanificano l’impegno delle forze dell’ordine nella lotta alla criminalità e nella tutela dei cittadini.
Il suo intervento ha riguardato in particolare i seguenti aspetti:
1) incertezza della pena per la quale egli è arrivato a parlare di “indulto quotidiano”, di diffuso clima di impunità;
2) l’incidenza dell’immigrazione, in particolare, quella clandestina nella criminalità;
3) strumenti per la lotta alla clandestinità, in particolare, i Centri di Permanenza Temporanea (CPT).
Manganelli ha anche snocciolato cifre e percentuali che chiaramente non siamo in grado né di confermare né di confutare ma che da una personale esperienza, osservazione e analisi della realtà che ci circonda ci sembra che fotografino i nostri tempi in maniera abbastanza oggettiva.

Condividiamo quindi la sua preoccupazione per quelle che sembrano delle falle troppo grandi per una società civile in cui il buon funzionamento dela giustizia dovrebbe tutelare i diritti e le libertà di ogni cittadino.


Quante volte sentiamo esclamare frasi come “in galera non va più nessuno”, “oggi si uccide e si la si fa franca”, "oggi non si va in carcere per un omicidio, figuriamoci per un furto!". Queste frasi molto spesso sono pronunciate con leggerezza da coloro che non sanno o tendono a dimenticare che il nostro ordinamento prevede tre gradi di giudizio e che , salvo particolari casi, la prigione arriva solo dopo che tutto l’iter giudiziario si è concluso con una condanna definitiva. Tuttavia, queste esclamazioni non sono completamente campate per aria. Affatto. Infatti se, in generale, il principio di restare a piede libero fino alla condanna definitiva è in sé per sé giusto se non sacrosanto, nella pratica la proverbiale lentezza della nostra giustizia porta a dei risultati che sono un'aberrazione dello stesso concetto di giustizia. Cosa c'è, di fatti, di più ingiusto che i colpevoli di reati anche gravi continuino a godersi la vita e i proventi dei loro crimini per molti anni prima che essi incomincino a pagare il loro debito con la società? Si sono anche registrati numerosi casi in cui i reati contestati, nell'attesa di una conclusione dell’iter giudiziario, sono caduti in prescrizione: é una mostruosità giuridica che la prescrizione non si interrompa con l’inizio del processo, un handicap della società.
A partire dall’entrata in vigore della Legge n° 633 del 10 ottobre 1986, abbiamo assistito ad un progressivo ed inarrestabile allargamento della forbice tra i due capisaldi alla base del meccanismo di espiazione della pena e contemporaneo recupero del condannato, ovvero il meccanismo “premio – punizione”, che sotto il profilo rieducativo concorre a far sì che il detenuto che sconta la pena rifletta sull’opportunità di abbandonare “la strada sbagliata”, che lo ha condotto alla privazione della libertà personale, e ad intraprendere, quindi, una decisa correzione di rotta verso i sentieri della legalità e del rispetto delle norme di civile convivenza.
Ciò ha comportato l’instaurasi di una serie di “anomalie giudiziarie” i cui risultati sono sotto chi occhi di tutti noi - inutile stare a citare casi particolari - per cui, a condanne di peso eclatante, anche per crimini efferati, si contrappongono sconti di pena, permessi premio, un vergognoso indulto e tutta una congerie di “mezzi e mezzucci” che conducono, poi, a scarcerazioni che è addirittura “riduttivo” definire facili, meglio sarebbe adottare la dicitura “certe”! Appare ovvio che chiunque sia tendenzialmente portato a delinquere, nel senso più ampio del termine, si convinca che può farlo in tutta tranquillità, tanto “non gli faranno niente”. Il risultato è quello di pene effettivamente scontate irrisorie, non proporzionate alla gravità dei crimini commessi, a volte scontate tra le comodità della propria abitazione. La certezza della pena è stata sostituita con un più flessibile concetto di incertezza della pena se non addirittura di certezza di cavarsela con poco o nulla. Il potere deterrente del carcere azzerato.
Per contro a nessuno interessa il patimento o i danni che derivano, da questo vero e proprio scempio di Giustizia, alle Parti Civili del processo, che dopo avere avuto il coraggio di denunciare, dando fondo alle loro risorse psicofisiche ed economiche per vedere riconosciute e realizzate le loro legittime aspettative, assistono impotenti e sviliti alla vanificazione dei loro sforzi, o subiscono, addirittura, conseguenze più nefaste.
E’ di questi giorni la notizia che Giovanni Guido, uno dei massacratori del Circeo, torna in libertà.
Dopo Angelo Izzo, tornato ad uccidere, com’era lecito attendersi, ora nuovamente nelle patrie galere, ecco un' altra "mina vagante" lasciata in giro "dagli illuminati di turno" (leggasi componenti del tribunale di sorveglianza). Basta un parere di qualche misconosciuto consulente (più o meno valido e professionalmente preparato, magari privo di cognizioni specifiche in criminologia), una relazione di poche righe stilata dal direttore della casa circondariale di competenza, che attesta il “buon esito del percorso rieducativo" dell'aspirante "omicida recidivo", e ci si appresta ad innescare una bomba che molto probabilmente (casistica docet) mieterà altre vittime!
Che dire poi della validità dei "servizi sociali" in merito "all'attento controllo" che dovrebbero esercitare sul "beneficiato" in affidamento? Qualcuno si preoccupa di controllare l'effettivo operato di queste strutture?
Se Giovanni Guido dovesse tornare ad uccidere avremo modo di assistere all'ennesima ipocrita pantomima "dell'Illuminato di turno" che, con una faccia di circostanza, alla domanda di rito dei giornalisti che gli chiederanno come sia potuto accadere ancora, risponderanno citando la frase preimpostata,altrettanto rituale, "Sono dispiaciuto, ma abbiamo solo applicato la legge".
In un Paese che ha tanto combattuto per il successo della moratoria contro la pena di morte, esiste quindi una legge che dà ai delinquenti (siano pure psicopatici acclarati o presunti) la possibilità di continuare a perpetrare il loro crimini e che, di fatto, emette condanne a morte plurime contro vittime innocenti inconsapevoli del loro destino!
Quando finirà questo scempio?


Quanto al rapporto immigrazione-criminalità denunciato da Manganelli la nostra posizione rimane fedele a quanto espresso in un nostro precedente post.
Nessuna generalizzazione sugli immigrati, non si può giudicare e condannare il singolo immigrato sulla base dei comportamenti poco leciti di connazionali ma è pericoloso sottovalutare i segnali che vengono fuori dalla cronaca quotidiana, sebbene possano essere enfatizzati non poco dalle mode mediatiche del momento. Non si può negare, se non in malafede o in maniera preconcetta, una inclinazione diffusa alla criminalità tra gli immigrati, in particolar modo clandestini, che si può, per induzione aristotelica, ricavare sulla base dei comportamenti illeciti di tanti, tantissimi singoli. Troppi per la reale rappresentanza di popolazione.
E' chiaro, ovvio, banale, scontato che anche gli italiani siano dediti ad attività criminali e sono neppure pochi ma – guardacaso – siamo in Italia che è, per il momento, strapiena di italiani. Il problema è dunque nelle proporzioni. Del resto non ci vuole chissà quale esperto in sociologia e comportamenti umani per capire che la criminalità abbonda dove c’è degrado economico-sociale-culturale. E vivere nella clandestinità, vivere senza esistere per lo Stato, che cosa è se non una situazione di fortissimo degrado e disagio?
Ma mettiamo da parte il discorso sulle proporzioni che dovrebbe, comunque, far riflettere sulle politiche dell’immigrazione passate e lasciamo perdere anche il discorso criminalità: la clandestinità va combattuta perché, a voler usare una metafora informatica, è un bug nel nostro sistema. Ognuno di noi esiste per lo Stato, è identificato univocamente da un nome, un cognome, un codice fiscale ed è questo che permette una definizione della responsabilità personale. Si tratta di regole - solo regole convenzionali- senza le quali vivremmo in anarchia la quale sarebbe anche cosa buona e giusta se gli uomini fossero talmente virtuosi da sapersi autoregolamentare, di esercitare la propria libertà senza ledere quella degli altri. Quindi, se riteniamo necessarie delle regole fondamentali su cui è fondata la nostra società non possiamo ammettere la clandestinità. Se poi i clandestini delinquono, e non importano le proporzioni, siano uno, due, tre, quattro, come lo Stato potrebbe combatterli se essi non esistono?
E qui viene il discorso dei CPT tanto osteggiati soprattutto dai militanti di sinistra. Alcuni giurano che nei CPT ci sono abusi e violenze. Noi non lo sappiamo, siamo onesti e ammettiamo di non esserci mai stati. Ma questo non ci vieta di fare delle considerazioni sul piano logico. Se la battaglia contro i CPT è intesa come una lotta contro eventuali violenze ed abusi, per una rivendicazione di condizioni di trattamento dei clandestini dignitose, pur nella consapevolezza di non poter offrire loro un soggiorno a 5 stelle, allora non si può che sottoscrivere questa giusta causa e sostenerla con vigore.

Ma finché essa resta un NO a priori ai CPT, un NO alla possibilità di raccogliere e identificare i clandestini per poter effettuare i necessari rimpatri, non possiamo che bocciarla, ritenendola una battaglia sterile e irresponsabile, risultato di un approccio poco concreto alla realtà, se non addirittura illogico. E' assurdo infatti pensare che un clandestino si auto-rimpatri volontariamente alla consegna del foglio di via, assurdo quasi quanto l'idea di poter trasformare un Paese in un isola di impunità, dove circolino liberamente signori N.N. di cui non si conosca né nome né provenienza.

venerdì 22 febbraio 2008

19 luglio 1992

19 luglio 1992. E' la data in cui Paolo Borsellino fu ucciso dalla mafia. Un grave colpo inferto allo Stato, alla parte pulita e ideale di esso, e ai cittadini che credono ancora nell'Idea di Stato. Oggi 19 luglio 1992 è un sito internet promosso e fortemente voluto da Salvatore Borsellino e della cui esistenza sono venuta a conoscenza sul blog Aschenazia. Accolgo con molto piacere l'invito dell'amico Pino Amoruso a dare la massima diffusione di questa iniziativa. Il successo che auguro a questo nuovo sito può rappresentare una battaglia molto importante nella durissima lotta contro le mafie.
Riporto la presentazione del sito fatta dalla stesso Salvatore Borsellino:



Milano, 21 Febbraio 2008
Finalmente il lungo cammino per la preparazione di questo sito e' arrivato alla sua conclusione e da oggi è finalmente accessibile sebbene
ancora in fase di evoluzione.

Da oggi comincia un altro cammino che e' quello di riempirlo di contenuti
ed utilizzarlo per quello che ci eravamo prefissi a Luglio dell'anno scorso
quando cominciò a prendere forma quello che allora chiamai Progetto 19 Luglio
1992 il cui obiettivo era quello di fare di questo sito il punto di aggregazione
per tutte le persone e le organizzazioni operanti sulla rete che anelano ad un
paese diverso, tendono alla ricerca della verita' e della giustiza ed hanno la
capacità di contribuire a questa ricerca e a questa strategia.

L'idea base e' quella di realizzare una sinergia al lavoro di tanti che
sulla rete fanno un lavoro splendido ma che spesso rimane confinato solo
all'interno di questo mondo a casua dell'analfabetismo informatico della massa
della gente e della mancanza di osmosi con il mondo dell'informazione
tradizionale.

Questa e' la barriera che dobbiamo riuscire a superare per portare il mondo
della rete, che costiuisce in Italia, ma anche nel mondo, l'ultimo baluardo
della democrazia, a sfociare nel mondo esterno.

La forza per realizzare questo compito ci verra' dalla nostra sete di
verità e dalla rabbia di vederla quotidianamente calpestata e mistificata, dai
politici, dagli organi di informazione. da quella che e' ormai diventata la
"casta" dei giornalisti che ha portato alla completa o quasi estinzione di una
stampa libera nel nostro disgraziato paese.

I contenuti del sito saranno quindi focalizzati sulle questioni inerenti la
lotta alla criminalita' mafiosa, alle inadempienze, se non alle responsabilita'
dirette dello Stato a questo riguardo, alla collusione di tanti appartenenti a
quelle che e' oggi la consorteria dei politici in Italia.

Per il momento ho inserito nel sito tutte le mie lettere aperte scritte dal
17 Luglio dell'anno scorso, giorno in cui decisi di ricominciare a parlare dopo
sette anni di silenzio, ad oggi.

E' gia' operativa una rassegna stampa che verra' aggiornata, se possibile,
giornalmente da una delle mie piu' valide collaboratrici, la professoressa Vanna
Lora.

Un altro insostituibile componente del nostro gruppo, Marco Bertelli,
curerà dalla Germania, dove per ora vive, due rubriche "I Mandanti occulti", il
cui nome ne identifica gia' i contenuti, e "Cronache Marziane", che saranno
operative dalla prossima settimana..

Un'altra giovane collaboratrice della prima ora, Desiree Grimaldi, curera'
la sezione dove verranno raccolte tutte le interviste di Paolo, sia video sia su
stampa, e la trascrizione delle sue "lezioni" sulla mafia.

Il sito ospitera' pure i contributi del Prof. Enzo Guidotto, amico di
Paolo, uno dei massimi conoscitori del fenomeno mafioso e consulente della
Commissione Parlamentare Antimafia.

Mi scuso con tutti gli altri miei collaboratori, che aspettavano con
impazienza l'apertura del sito per potere cominciare a dare il loro contributo,
perche' non ve li elenco singolarmente, avrete modo di conoscerli appunto
attraverso quanto pubblicheranno sul sito stesso.

La prima collaborazione "esterna" mi e' gia' arrivata ed e' stata gia'
pubblicata, si tratta di una bellissima "Lettera a Paolo" che mi e' stata
spedita da Giulia, una ragazza di soli 13 anni ed e' stata scritta da sua
sorella Martina, una ragazza di 18 anni che, come altri giovani che ho
conosciuto sulla rete, ha giurato a se stessa e a Paolo di diventare Magistrato
per potere continuare il suo lavoro e realizzare il suo sogno.

Nel sito verranno pure riportate le date e le localita' di una serie di
incontri facenti parte di un ciclo denominato "Cultura della Giustizia" che mi
porteranno in piu' di 20 citta' d' Italia a portare la mia testimonianza (e la
mia rabbia) insieme con Benny Calasanzio, Enzo Guidotto, Giocchino Basile ed
altri che parteciperanno di volta in volta.

Per l'organizzazione di questi incontri ringrazio in particolare i ragazzi
dei MeetUp di Beppe Grillo che da ogni parte si stanno prodigando per
permetterli. Tra tutti voglio pero' almeno nominare Barbara Olivo, del MeetUp di
Cervignano del Friuli che ne' e' il vero e insostituibile motore.

L'ultimo ringraziamento a mio figlio Marco che, da solo, mi ha strutturato
il sito e continuera' a supportarmi (e a sopportarmi) dal punto di vista
tecnico.Aspetto con impazienza le vostre critiche e i vostri suggerimenti, il
nostro sito http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=frontpage&Itemid=1
deve crescere con voi e insieme a voi.

Nell'attesa che venga reso operativo il Forum il sito e' aperto e
disponibile per tutti, chiunque volesse portare un contributo potrà scrivermi
all'indirizzo salvatore.borsellino@gmail.com Questo indirizzo e-mail è protetto
dallo spam bot, abilitare Javascript per vederlo e, nei limiti del possibile
cerchero' di pubblicare quanto mi perverra' e sia, ovviamente, attinente ai
contenuti e allo scopo del sito stesso.
Prego tutti quelli che frequentano blog o forum di inserire il link al
nostro sito o di farlo conoscere.
A presto

Salvatore Borsellino


Post pubblicato simultaneamente su Libera Cittadina