domenica 1 giugno 2008

(In)certezza della pena, clandestinità e CPT

Ritorniamo dopo una lunga assenza dovuta a impegni personali che non ci ha permesso di dare luogo a quello scambio di opinioni che è alla base dei nostri post scritti a quattro mani, tutti frutto di una preliminare discussione sul tema e della necessaria successiva sintesi.
Un articolo apparso in questi giorni ci ha fornito l'input per una ripresa alla quale speriamo segua un'attività senza più lunghe interruzioni che preveda un aggiornamento almeno settimanale.
Ed è così che siamo qui ad aprire una discussione sulle dichiarazioni del Capo della Polizia Antonio Manganelli davanti alle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato.
Egli ha denunciato diversi aspetti del nostro sistema giuridico-giudiziario che di fatto vanificano l’impegno delle forze dell’ordine nella lotta alla criminalità e nella tutela dei cittadini.
Il suo intervento ha riguardato in particolare i seguenti aspetti:
1) incertezza della pena per la quale egli è arrivato a parlare di “indulto quotidiano”, di diffuso clima di impunità;
2) l’incidenza dell’immigrazione, in particolare, quella clandestina nella criminalità;
3) strumenti per la lotta alla clandestinità, in particolare, i Centri di Permanenza Temporanea (CPT).
Manganelli ha anche snocciolato cifre e percentuali che chiaramente non siamo in grado né di confermare né di confutare ma che da una personale esperienza, osservazione e analisi della realtà che ci circonda ci sembra che fotografino i nostri tempi in maniera abbastanza oggettiva.

Condividiamo quindi la sua preoccupazione per quelle che sembrano delle falle troppo grandi per una società civile in cui il buon funzionamento dela giustizia dovrebbe tutelare i diritti e le libertà di ogni cittadino.


Quante volte sentiamo esclamare frasi come “in galera non va più nessuno”, “oggi si uccide e si la si fa franca”, "oggi non si va in carcere per un omicidio, figuriamoci per un furto!". Queste frasi molto spesso sono pronunciate con leggerezza da coloro che non sanno o tendono a dimenticare che il nostro ordinamento prevede tre gradi di giudizio e che , salvo particolari casi, la prigione arriva solo dopo che tutto l’iter giudiziario si è concluso con una condanna definitiva. Tuttavia, queste esclamazioni non sono completamente campate per aria. Affatto. Infatti se, in generale, il principio di restare a piede libero fino alla condanna definitiva è in sé per sé giusto se non sacrosanto, nella pratica la proverbiale lentezza della nostra giustizia porta a dei risultati che sono un'aberrazione dello stesso concetto di giustizia. Cosa c'è, di fatti, di più ingiusto che i colpevoli di reati anche gravi continuino a godersi la vita e i proventi dei loro crimini per molti anni prima che essi incomincino a pagare il loro debito con la società? Si sono anche registrati numerosi casi in cui i reati contestati, nell'attesa di una conclusione dell’iter giudiziario, sono caduti in prescrizione: é una mostruosità giuridica che la prescrizione non si interrompa con l’inizio del processo, un handicap della società.
A partire dall’entrata in vigore della Legge n° 633 del 10 ottobre 1986, abbiamo assistito ad un progressivo ed inarrestabile allargamento della forbice tra i due capisaldi alla base del meccanismo di espiazione della pena e contemporaneo recupero del condannato, ovvero il meccanismo “premio – punizione”, che sotto il profilo rieducativo concorre a far sì che il detenuto che sconta la pena rifletta sull’opportunità di abbandonare “la strada sbagliata”, che lo ha condotto alla privazione della libertà personale, e ad intraprendere, quindi, una decisa correzione di rotta verso i sentieri della legalità e del rispetto delle norme di civile convivenza.
Ciò ha comportato l’instaurasi di una serie di “anomalie giudiziarie” i cui risultati sono sotto chi occhi di tutti noi - inutile stare a citare casi particolari - per cui, a condanne di peso eclatante, anche per crimini efferati, si contrappongono sconti di pena, permessi premio, un vergognoso indulto e tutta una congerie di “mezzi e mezzucci” che conducono, poi, a scarcerazioni che è addirittura “riduttivo” definire facili, meglio sarebbe adottare la dicitura “certe”! Appare ovvio che chiunque sia tendenzialmente portato a delinquere, nel senso più ampio del termine, si convinca che può farlo in tutta tranquillità, tanto “non gli faranno niente”. Il risultato è quello di pene effettivamente scontate irrisorie, non proporzionate alla gravità dei crimini commessi, a volte scontate tra le comodità della propria abitazione. La certezza della pena è stata sostituita con un più flessibile concetto di incertezza della pena se non addirittura di certezza di cavarsela con poco o nulla. Il potere deterrente del carcere azzerato.
Per contro a nessuno interessa il patimento o i danni che derivano, da questo vero e proprio scempio di Giustizia, alle Parti Civili del processo, che dopo avere avuto il coraggio di denunciare, dando fondo alle loro risorse psicofisiche ed economiche per vedere riconosciute e realizzate le loro legittime aspettative, assistono impotenti e sviliti alla vanificazione dei loro sforzi, o subiscono, addirittura, conseguenze più nefaste.
E’ di questi giorni la notizia che Giovanni Guido, uno dei massacratori del Circeo, torna in libertà.
Dopo Angelo Izzo, tornato ad uccidere, com’era lecito attendersi, ora nuovamente nelle patrie galere, ecco un' altra "mina vagante" lasciata in giro "dagli illuminati di turno" (leggasi componenti del tribunale di sorveglianza). Basta un parere di qualche misconosciuto consulente (più o meno valido e professionalmente preparato, magari privo di cognizioni specifiche in criminologia), una relazione di poche righe stilata dal direttore della casa circondariale di competenza, che attesta il “buon esito del percorso rieducativo" dell'aspirante "omicida recidivo", e ci si appresta ad innescare una bomba che molto probabilmente (casistica docet) mieterà altre vittime!
Che dire poi della validità dei "servizi sociali" in merito "all'attento controllo" che dovrebbero esercitare sul "beneficiato" in affidamento? Qualcuno si preoccupa di controllare l'effettivo operato di queste strutture?
Se Giovanni Guido dovesse tornare ad uccidere avremo modo di assistere all'ennesima ipocrita pantomima "dell'Illuminato di turno" che, con una faccia di circostanza, alla domanda di rito dei giornalisti che gli chiederanno come sia potuto accadere ancora, risponderanno citando la frase preimpostata,altrettanto rituale, "Sono dispiaciuto, ma abbiamo solo applicato la legge".
In un Paese che ha tanto combattuto per il successo della moratoria contro la pena di morte, esiste quindi una legge che dà ai delinquenti (siano pure psicopatici acclarati o presunti) la possibilità di continuare a perpetrare il loro crimini e che, di fatto, emette condanne a morte plurime contro vittime innocenti inconsapevoli del loro destino!
Quando finirà questo scempio?


Quanto al rapporto immigrazione-criminalità denunciato da Manganelli la nostra posizione rimane fedele a quanto espresso in un nostro precedente post.
Nessuna generalizzazione sugli immigrati, non si può giudicare e condannare il singolo immigrato sulla base dei comportamenti poco leciti di connazionali ma è pericoloso sottovalutare i segnali che vengono fuori dalla cronaca quotidiana, sebbene possano essere enfatizzati non poco dalle mode mediatiche del momento. Non si può negare, se non in malafede o in maniera preconcetta, una inclinazione diffusa alla criminalità tra gli immigrati, in particolar modo clandestini, che si può, per induzione aristotelica, ricavare sulla base dei comportamenti illeciti di tanti, tantissimi singoli. Troppi per la reale rappresentanza di popolazione.
E' chiaro, ovvio, banale, scontato che anche gli italiani siano dediti ad attività criminali e sono neppure pochi ma – guardacaso – siamo in Italia che è, per il momento, strapiena di italiani. Il problema è dunque nelle proporzioni. Del resto non ci vuole chissà quale esperto in sociologia e comportamenti umani per capire che la criminalità abbonda dove c’è degrado economico-sociale-culturale. E vivere nella clandestinità, vivere senza esistere per lo Stato, che cosa è se non una situazione di fortissimo degrado e disagio?
Ma mettiamo da parte il discorso sulle proporzioni che dovrebbe, comunque, far riflettere sulle politiche dell’immigrazione passate e lasciamo perdere anche il discorso criminalità: la clandestinità va combattuta perché, a voler usare una metafora informatica, è un bug nel nostro sistema. Ognuno di noi esiste per lo Stato, è identificato univocamente da un nome, un cognome, un codice fiscale ed è questo che permette una definizione della responsabilità personale. Si tratta di regole - solo regole convenzionali- senza le quali vivremmo in anarchia la quale sarebbe anche cosa buona e giusta se gli uomini fossero talmente virtuosi da sapersi autoregolamentare, di esercitare la propria libertà senza ledere quella degli altri. Quindi, se riteniamo necessarie delle regole fondamentali su cui è fondata la nostra società non possiamo ammettere la clandestinità. Se poi i clandestini delinquono, e non importano le proporzioni, siano uno, due, tre, quattro, come lo Stato potrebbe combatterli se essi non esistono?
E qui viene il discorso dei CPT tanto osteggiati soprattutto dai militanti di sinistra. Alcuni giurano che nei CPT ci sono abusi e violenze. Noi non lo sappiamo, siamo onesti e ammettiamo di non esserci mai stati. Ma questo non ci vieta di fare delle considerazioni sul piano logico. Se la battaglia contro i CPT è intesa come una lotta contro eventuali violenze ed abusi, per una rivendicazione di condizioni di trattamento dei clandestini dignitose, pur nella consapevolezza di non poter offrire loro un soggiorno a 5 stelle, allora non si può che sottoscrivere questa giusta causa e sostenerla con vigore.

Ma finché essa resta un NO a priori ai CPT, un NO alla possibilità di raccogliere e identificare i clandestini per poter effettuare i necessari rimpatri, non possiamo che bocciarla, ritenendola una battaglia sterile e irresponsabile, risultato di un approccio poco concreto alla realtà, se non addirittura illogico. E' assurdo infatti pensare che un clandestino si auto-rimpatri volontariamente alla consegna del foglio di via, assurdo quasi quanto l'idea di poter trasformare un Paese in un isola di impunità, dove circolino liberamente signori N.N. di cui non si conosca né nome né provenienza.

16 commenti:

Virgilio Rospigliosi ha detto...

Bisogna cominciare a fare qualcosa di concreto. Mi dispiace ma il troppo "buonismo" ci ha portato a dei livelli insostenibili. Il problema non è che gli stranieri sono più delinquenti degli italiani, quello penso proprio di no, soltanto che hanno trovato nella nostra Nazione un terreno fertile per la criminalità per la troppo "tolleranza". Per esempio la Romania in questo momento è un paese molto tranquillo dal punto di vista della criminalità. I delinquenti sono in Italia dove possono agire senza problemi.

Un Saluto, Virgilio

Gianfranco Guccia ha detto...

Innanzitutto desidero esprimere il mio più vivo ringraziamento ad Araba fenice, perché grazie a lei questo blog sta tornando a vivere dopo un periodo di sonnolenza, dovuto, anche e soprattutto, a un mio forzato disimpegno che è stato causa di una lunga battuta d'arresto.
Ringrazio anche Virgilio Rospigliosi per il suo intevento, e per la chiarezza con cui si è pronunciato sull'argomento, mettendo in evidenza dei punti che ritengo assolutamente condivisibili.
Una volta l'immagine dell'Italia che gli stranieri conoscevano poteva identificarsi con tre parole: "spaghetti, pizza e Ferrari", oggi ne bastano due, un sostantivo e un attributo: "zona franca"!
I responsabili delle politiche estere dell'Unione Europea, che una volta definivano il nostro paese "il ventre molle dell'Europa", alludendo proprio a un un certo "buonismo" che permetteva a chiunque di varcare i nostri confini, oggi, in qualche caso, di mostrano "preoccupati" per il giro di vite che il nuovo governo intende attuare in merito all'immigrazione indiscriminata, elemento che ha caratterizzato la linea politica della passata legislatura, miseramente crollata sotto il peso dei suoi gravi e palesi errori.
Pur nella convinzione che gli eccessi di nazionalismo portano ad un isolamento pericoloso e deleterio, oggi, con i dovuti distinguo e "cum grano salis", mi sento di esortare noi italiani e la classe politica che ci rappresenta a recuperare in ambito internazionale una "pari dignità" che negli ultimi tempi sembrava irrimediabilmente compromessa.
Un saluto affettuoso per voi e per tutti coloro che vorranno qui esprimere le loro idee, qualunque esse siano, certi del nostro rispetto e della nostra volontà di confrontarci in modo civile e democratico.
Gianfranco Guccia.

ArabaFenice ha detto...

Ciao Virgilio, anche io, come il caro Gianfranco, trovo il tuo intervento ampiamente condivisibile. Il post era già di per sè piuttosto ampio per cui non me la sono sentita di affrontare più approfonditamente anche il discorso "causa" del comportamento crimininale degli individui. Ma appare ovvio che nessun individuo normodotato potrebbe attribuire una tendenza a delinquere a una questione di pelle. Più importanti sono i retaggi culturali - anche all'interno della stessa popolazione italiana, a diversi territori e culture sono associati diverse tipologie di crimini - ma soprattutto la consapevolezza di un godere di una certa impunità. Del resto un vecchio proverbio dice che "l'occasione fa l'uomo ladro" e qui le opportunità per associarsi alla malavita non mancano. La Giustizia che fa acqua da tutte le parti fa il resto.
Grazie per esserci venuto a trovare!:-)

GlitterVictim ha detto...

L'incertezza della pena è data anche dal fatto che ogni legge ha almeno un comma che la annulla.

Abbiamo troppe leggi con inutili revisioni e pensare che per mandare avanti un popolo basterebbero i 10 buoni e vecchi comandamenti.

Anonimo ha detto...

quoto in pieno glittervictim, non sono nè la mancanza di leggi nè il buonismo che hanno affossato il concetto di giustizia in Italia, ma il loro numero e la loro capacità di smentirsi l'una con l'altra. Come per le morti bianche, il problema non sono le leggi che mancano, ma far rispettare quelle che già ci sono, lo capiranno mai?

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

No al buonismo, ma no anche ad uno squadrismo privo anch'esso di legalità

Gli estremismi da ambo le parti vanno eliminati affinchè restino solo le persone che vogliono davvero integrarsi e quindi quelle che da un lato non vogliono vivere di espedienti e dall'altro non hanno preconcetti e pregiudizi verso gli immigrati a prescindere di come lavorano e dove.

ArabaFenice ha detto...

@ glittervictim, beppe99
come non darvi ragione! da qualche parte ho letto che leggi italiani sarebbero oltre 200.000 contro le 20.000-30.000 al massimo di altri paesi europei quali l'Inghilterra e la Francia!

@ Daniele
Certo, la condanna dello squadrismo e del fai-da-te è scontata. ma riteniamo che delle politiche più oculate avrebbero potuto evitare tutto questo.
un Paese non diventa razzista da un giorno all'altro.

jack ha detto...

Molti magari pensano che siamo diventati tutti razzisti e xenofobi ma in realtà non è solo un'opinione collettiva ma sta diventando un vero e proprio problema sociale.
Anche io condivido il commento fatto su questo post da Virgilio.
Secondo me la troppa tolleranza porterà solamente ad incrementare il razzismo vero e proprio e non quello fasullo divulgato dai Mass-Media.
L' INcertezza della pena porterà la gente a farsi giustizia con le proprie mani (tanto in galera non ci finirà comunque).Così,altro che Paese democratico...Se non si prendono seri provvedimenti saremo solo nella più totale Anarchia..e ognuno potrà fare quello che vuole,anche uccidere.

P.S. Complimenti per il blog :)

ArabaFenice ha detto...

@ jack
condividiamo, credo che tu abbia centrato il punto.

Anonimo ha detto...

gli eroi son Topolino con Pippo e l’Uomo Ragno
ma il mito è l’ispettore e la 44 Magnum
legittima difesa, il colpo accidentale
son storie ormai passate e rientran nel normale
(Voglio armarmi)

così cantavano i Punkreas alcuni anni fa a proposito dell'America, un pezzo molto attuale, basta solo cambiarne il soggetto in una più nostrana Italia. Voglio sperare che siamo ancora in tempo per cambiare direzione.

ArabaFenice ha detto...

beppe
non giustifico certe reazioni ma sarebbe troppo comodo e troppo miope attribuirlo a un rigurgito fascista che si manifesta da un giorno all'altro, magari in corrispondenza di un cambio di governo. certe reazioni sono la naturale, anche se deprecabile, conseguenza alle facilonerie politiche degli ultimi anni che la cultura di sinistra fa fatica ancora - nonostante i risultati sotto gli occhi di tutti - a condannare.
L'umana solidarietà non deve mai mancare ma c'è soprattutto bisogno di razionalità per affrontare situazioni di tale complessità.

Gianfranco Guccia ha detto...

Rientro per un veloce commento e per salutare gli ospiti che, per la prima volta, sono venuti a trovarci su "quellastranacoppia" dando il loro contributo alla discussione.

@GlitterVictim:
Innanzitutto..benvenuta! Mi trovi concorde nell'affermare che il "sistema" delle leggi del nostro bel paese è quello più farraginoso e contaddittorio esiste, in atto, nell'intero globo terracqueo!

@Daniele:
un caro saluto, in primis, come sempre; mi trovi assolutamente concorde in merito a quanto asserisci, credo anche il "buon italiano" dovrebbe pagare tanti "clandestini" che lavorano come badanti o colf, facendo sì che queste persone possano avere ciò che loro spetta con tanto di diritti/doveri dei lavoratori, quindi sborsando a loro favore oneri contributivi e quant'altro dovuto.
Resta fermo, comunque, un fatto incotrovertibile: se molti italiani, commettendo un ben preciso reato, impiegano per questi servizi immigati clandestini, è anche per l'ampia "offerta del mercato" presente sul territorio a "prezzi stracciati" e quindi concorrenziali; non dimentichiamo che i "clandestini" si pagano meno anche perché nessuno ha pensato bene di perseguirli per evasione fiscale,
Anlogamente non vengono perseguiti a dovere i "datori di lavoloro" per evasione contributiva.

@Jack, benvenuto anche a te! Condivido anch'io il timore di sempre maggior frequenti episodi di "giustizia sommaria" continuando qualora dovesse persistere questo "buonismo" di maniera, spesso usato per mero "opportunismo politico" di cui la gente dotata di un minimo di cervello ha finalmente capito la "natura ipocrita e bigotta" su cui si fonda.

@beppe99:
La 44 Magnum ed il vecchio caro Clint Eastwood, non credo siano un mito per l'italiano medio, culturalmente portato, tranne rari casi, a risolvere le questioni con "tarallucci e vino" piuttosto che con assordanti cannonate di piombo rovente!
Il famoso "colpo accidentale", qualora effettivamente verificatosi, viene interpretato, il più delle volte, piuttosto come omicidio volontario che come fatalità da chi nel nostro paese amministra la giustizia; lo sanno bene coloro che nell'ambito di un'azione di autentica difesa personale, pur esistendone palesemente le condizioni, sono stato costretti a passare attraverso un "tunnel giudiziario" che ha finito per rovinare la loro vita che, con un gesto estremo, avevano avuto la possibilità di salvare.

Un caro saluto per tutti voi. augurandomi di potervi nuovamente leggere su Quellastranacoppia.

Anonimo ha detto...

@Gianfranco
Non credo nemmeno io siano miti italiani, e spero anche non lo diventereanno mai. Purtoppo anche l'ultimo caso di legittima difesa è stato accolto da applausi della folla. E anch'io mio malgrado mi trovo d'accordo con quegli applausi perchè se nessuno mi difende a casa mia, è mio diritto/dovere farlo. D'altra parte non sogno di dormire con una pistola in casa, anzi, vorrei lasciare questo lavoro a chi lo fa per mestiere (polizia e carabinieri) che però devono difenderci e la loro attività non deve essere frustrata dall'indulto quotidiano cui si riferisce Manganelli. La giustizia dev'essere anche pratica e non solo teoria. Altrimenti sarà far west.

ArabaFenice ha detto...

beppe99
condivido il tuo stato d'animo. io avrei paura ad avere una pistola in casa, figuriamoci ad usarla, anche se per difendermi!
cmq ho letto che la vittima del furto a cui ti riferisci sia arrivato a tanto perché non era la prima volta che qualcuno penetrava in casa sua in piena notte.
sai che anche nel nostro paese ci sono stati casi del genere, soprattutto in ville periferiche?

Anonimo ha detto...

@arabafenice
Gli effetti della globalizzazione sono arrivati anche a Giovinazzo, ahimè, i mei ricordi infantil-adolescenziali me la mostrano ancora come un posto idialiaco di vacanza. Ormai non è più così, la sicurezza non c'è più da nessuna parte, credo ormai che in Italia non ci sia quasi più un paese in cui poter lasciare la porta aperta senza timore.

ArabaFenice ha detto...

beppe99, purtroppo hai ragione.